Cammino sulla riva. Molti ancora dormono. Cammino nella falsa solitudine di queste ore.
Il mare è prigioniero della bassa marea, lontano. Le mie impronte incidono la sabbia bagnata. Le guardo. Aggiungo questa immagine, mentalmente, alle mie sicurezze visive. Esisto, adesso.
- Sai cosa significa cogliere il ritmo?
La sua voce sparpaglia di colpo, i miei pensieri. Lo guardo.
Ha il mio stesso passo, avanza con me. Sono rapita dal suo muoversi. Traduco questo sincronismo in sintonia fisica. Forse poi non lo è, ma così sembra. Si innesca un ritmo.
Lo stesso stato d’animo e il modo di respirare sono causa e conseguenza di quello che siamo adesso.
- Sì - Fatico io stessa a sentire la mia voce. Lui si fa più vicino. - Sentirlo, starci dentro. O no?
- Farsi coinvolgere. Avvicinarsi diventa un bisogno. - Dice lui. Ha un tono così basso, che nella mia testa ciò che ha detto, appare come un segreto rivelato solo a me.
Guardo il colore della sabbia e come si divincola l’acqua di mare. “Farsi coinvolgere.” Le sue parole si muovono nella mia testa. “Avvicinarsi diventa un bisogno.” Guardo le onde che non si arrendono e continuano a tornare. Sempre più vicine. Guardo la sua mano non lontano dalla mia e mi chiedo a cosa servono le distanze. Forse a non capirsi.
Non riesco a rispondere. E lui lo sa. La sua voce, ritorna vicina.
- Bisogna essere bravi per cogliere il ritmo delle cose che ci circondano. Spesso il ritmo è confuso nel rumore. C’è talmente tanto rumore che ci perdiamo il meglio.
Lo guardo e lo vedo cercare i miei occhi. E va bene, eccoli, penso, portali dove ti pare.
- Perché mi hai chiesto questa cosa del ritmo?
- Perché ho notato che spesso ti concentri sul rumore. Su quello che non va. Su quello che ti manca. Invece, è importante dare ascolto a quello che ti fa bene.
Ha ragione, penso e mi riprendo gli occhi. Cercare parti di me, è una cosa che non mi passerà mai. E cercare non mi stanca. Scrivere non mi stanca. Aspettare risposte invece sì. Mi fa soffocare, mi rende confusa, mi intrappola dietro a mille porte chiuse e ogni spazio in cui mi muovo ricorda quelle risposte che non ho. Anche le nuvole. Perfino le nuvole.
- Nella calligrafia, sai - riesco a dire lentamente - il ritmo è sostanzialmente mantenere la stessa inclinazione, la stessa forma e dimensione, la stessa proporzione, senza stringere o allargare le lettere. Allenamento e concentrazione è quello che ci vuole.
- Sembra una cosa noiosa.
- Un po’ lo è. Però da ordine.
- Ci scommetto che preferisci i cambi di ritmo. - Lui mi vede anche dietro le parole.
- Sì, è così - e faccio un lungo respiro - Si chiamano variazioni.
Rimane in silenzio un attimo, poi il suo passo cambia. È più veloce. Io quasi rimango indietro.
- E allora corri!
- Cosa? - Sto quasi urlando.
- Corri! - E si mette a correre.
Ha detto corri? Per una volta che non sparisce, non lo lascio andare via così. Corro.
C’è solo un problema, sta correndo più forte di me ed è pure partito prima, il maledetto. Il cuore mi sta chiedendo se ho deciso di morire. Gli rispondo di non fare lo spiritoso e di darsi da fare. Sul più bello, mentre l’ho quasi raggiunto crollo. Mi butto nella sabbia e cerco il mio respiro. Lui si ferma, poi viene verso di me, probabilmente per finirmi, penso. Le variazioni sono così. Sono belle da morire. Rido.
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